IL TOCCO DEL MAESTRO 

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 TUTTO DA SOLO  ...CON FRANCINE

Dal suo esordio nel mondo dei fumetti, nel 1951, e fino al 1962, Jean Graton lavora da solo. Le prime cinque storie brevi che vedono la nascita di Michel Vaillant ed i primi sette album (pre-pubblicati sul giornale Tintin al ritmo di due pagine alla settimana) sono realizzati dal grande Jean con il solo, esclusivo, ausilio della moglie Francine che, oltre a collaborare nella scenggiatura, si occupa della colorazione. In pratica anche quasi tutti gli album della serie Les Labourdet, scritta proprio dalla moglie e realizzata per il settimanale femminile Chez nous  negli anni sessanta (riproposti nella collana Palmarès Inédit), sono un bell'esempio del lavoro "solistico" del maestro. Nel 1962 Jean accoglie nel suo studio un giovanissimo esordiente: l'allora diciassettenne Christian Denayer che, a partire dalla ottava tavola dell'album "Le 8e pilote", inizia ad aiutarlo per gli sfondi, le vetture e per la colorazione. Successivamente, con il successo del personaggio e l'esigenza di seguire anche la serie Les Labourdet (e più tardi quella di Julie Wood), il maestro si fa aiutare da vari assistenti i quali, anch'essi,  si occuperanno principalmente degli sfondi, delle vetture e dei colori.  

Jean e Francine Graton

Molti giovani disegnatori si alterneranno a fianco di Jean Graton : di fatto nasce, così, lo «Studio Graton» ...ma di questo potremmo parlare in un altro speciale. In questa pagina andremo a vedere come lavorava il maestro all'epoca.

 

DALL'ISPIRAZIONE  AL DISEGNO 

Primo passo: trovare l'idea per la storia. Volete sapere come poteva accadere ? Date un occhiata a questa pagina, ma comunque, sentite anche cosa ha detto lo stesso Jean, in un intervista per il giornale "[dBD]", riguardo la sua vena creativa: «Mi è sempre piaciuto raccontare delle storie. Anche quando lavoravo ai cantieri navali, raccontavo ai miei amici il film del week-end ....che non avevo mai visto ! (ridendo). Eppure non posso dire che sono stati i miei genitori a spingermi in quella direzione ...ce l'avevo già dentro di me !» , e ancora: «Non ho mai conosciuto momenti di impasse scrivendo le storie di Michel Vaillant. Quando rileggo i miei album, mi dico che ho fatto un buon lavoro (ridendo)» . Una volta trovato il tema e la trama, il maestro si documenta con meticolosità e si procura il materiale per i disegni. Internet ovviamente non esiste, la televisione è solo ai primi passi, così Jean legge le riviste automobilistiche specializzate ...

 

Una foto tratta dalla rivista Auto-journal 

 

...e l'immagine che Graton ne ha ricavato per l'album "Rush" ( "Il terribile raid" - "Rush")

 

... e, sopratutto, si reca personalmente sui posti dell'azione (mitico il suo viaggio, per tre giorni e per tre notti a bordo di un Tir a fianco di un vero camionista, per la creazione di "Route de nuit"  ("Operazione Jaguar" - "Strada di notte").

  

Jean Graton si fa spiegare le caratteristiche di una moto della Polizia Stradale francese durante il suo viaggio di documentazione 

fatto nel 1960 per la creazione di "Route de nuit" ("Operazione Jaguar" - "Strada di notte") (foto tratta da un articolo apparso su Tintin nel 1963)

 

Il maestro si reca di persona sui circuiti e parla con i tecnici ed i piloti dei quali, grazie alla qualità e fedeltà dei suoi fumetti, conquista ben presto il massimo rispetto. 

Prende appunti e scatta decine e decine di fotografie con la sua piccola Olympus Pen-EF (più o meno 200 foto alla volta per i primi album...). 

Questo materiale servirà nella successiva fase del disegno.

omgawesome

 

  

                            Nulla fermava Jean e la sua macchina fotografica...                  Jean Graton mentre si documenta osservando il lavoro dei meccanici

 

Jean Graton e Alain Prost

 

  

A sinistra una foto scattata da Jean Graton a Milano nel 1968, mentre si recava a Monza per reperire il materiale 

utile alla realizzazione di "De l'huile sur la piste" ("Brivido a Monza"). A destra la vignetta che ne ha ricavato.

 

Sempre da solo, poi, crea la sceneggiatura della storia. 

Nei primi album non esiste uno storyboard con le scene "schizzate": il contenuto e la suddivisione delle vignette, la composizione delle pagine, sono tutte nella testa del maestro (soltanto il disegno di copertina viene "abbozzato", magari in un paio di versioni, per poter essere giudicato e scelto dall'editore). Jean crea anche i testi dei personaggi e le didascalie. 

Il tutto finisce semplicemente annotato su di un block-notes o su un piccolo quaderno. 

 

 

 

 

(solo più avanti negli anni nel "cahier de brouillon", ovvero"quanderno di brutta", Jean Graton disegna, comunque molto ma molto sommariamente, una traccia delle vignette assieme al testo).

 

 

Finalmente, Jean può sedersi al tavolo da disegno, al terzo piano (il piano mansardato che ha allestita a studio) della sua casa al numero 24 di Avenue de Pérou a Bruxelles. 

Inizia tagliando un foglio di carta da disegno Schoeller-Parole nella misura ideale per le sue tavole: circa  cm 51 x 37. Il foglio sarà, così, circa due terzi più grande del formato A4 (cm 21 x 29,7) che è la dimensione della pagina che verrà stampata. Poi traccia, a matita, le linee verticali ed orizzontali che delimitano l'area del disegno. Dopo aver segnato i limiti delle pagine, si occupa dei contorni delle vignette (a seconda della composizione prevista per ogni singola pagina). Nella tavola con il disegno della copertina indica, con delle quotature tracciate all'esterno del disegno, la dimensione finale con la quale la pagina dovrà essere "tagliata" e stampata (oltre ad altre eventuali note).

 

La tavola per una copertina di Tintin (con la storia  "Mach 1 

pour Steve Warson" - "Il muro del suono") e la quotatura in basso

 

I FERRI DEL MESTIERE (PARTE PRIMA) 

Jean Graton disegna tutte le tavole con il portamine (la leggenda dice che userà lo stesso per tutta la sua carriera !). 

 

 

Ovviamente, per la realizzazione dei suoi dettagliatissimi disegni, si serve anche di alcuni supporti tecnici, come squadretti, curvilinei, cerchiometri, ecc., ed anche di un proiettore di lucidi e fotografie (che potete notare sullo sfondo nella fotografia che lo vede nello studio di casa sua, più sotto).

 

 

 

La scatola con i principali attrezzi originali del maestro Jean Graton 

 

 Nulla, comunque, può sostituire la sua "magica" mano.... A questo proposito, tanto per capirci, non dobbiamo dimenticare che, in oltre quaranta anni, non è mai stato costretto a dover rifare daccapo nemmeno uno solo dei suoi disegni !!! (Come ha testimoniato il maestro Graton con un certo orgoglio).

 

 

JEAN  E LA LINEA CHIARA

A questo punto il maestro disegna la storia, con il suo stile realistico, meticoloso, particolareggiato, dal ritmo e dalle "inquadrature" simili a quelle di un film. Ma facciamo un piccolo inciso: Jean Graton è considerato uno degli esponenti della "ligne claire" (la "linea chiara"), la corrente stilistica iniziata da Herge e Jacobs e che ha contraddistinto, al suo inizio, la scuola di disegnatori che negli anni sessanta hanno lavorato a Bruxelles. Sentite qual'è la sua testimonianza a riguardo: «Noi facevamo la "ligne claire" senza saperlo, perché questa espressione non esisteva. Io credo, semplicemente, che noi disegnavamo i tratti principali senza aggiungere le ombre o i tratteggi che appesantiscono un'immagine. La forza del disegno  veniva dalla sua chiarezza, da una scena ampia ed in tinte spesso pastello per attirare lo sguardo sul personaggio principale ». 

 

   

Jean al lavoro nello studio  al terzo piano di casa sua

 

JEAN,  IL DINAMISMO E LA COLONNA SONORA NEI FUMETTI

Due, tra le principali caratteristiche dei fumetti disegnati dal maestro Graton, sono state: il dinamismo che traspare dalle sue tavole ed il geniale utilizzo delle sue onomatopee (specialmente quelle che riproducono il rombo dei motori nelle varie situazioni di corsa, letteralmente inventate da lui). Sentite il giudizio di Hervé Poulain, esperto d'arte e di automobili, alla domanda, fatta dal giornale "Option Auto",  su quali aspetti dei disegni di Jean Graton lo avessero colpito di più :  «La precisione, la chiarezza, l'intelligenza del tratto. E, a volte , il respiro, la potenza.», e ancora, riguardo la ricerca del dinamismo e le onomatopee: 

«Il movimento ha sempre posto dei problemi agli artisti. Per i cavalli c'erano le gambe. Per le locomotive a vapore, il fumo. Ma con un'automobile come trovare una soluzione visuale per dare la sensazione della velocità ? Graton ci è riuscito senza deformare nulla, grazie ai suoni dei motori che squarciano le sue pagine. Con le onomatopee, fa correre una vettura. Ha inventato la colonna sonora in un'arte muta.».

 

I FERRI DEL MESTIERE (PARTE SECONDA )

Quando giudica il risultato sufficientemente efficace, Graton passa all'inchiostrazione a china. 

Inizia dal lettering.  Scrive i testi in lingua originale, ovviamente francese, negli spazi delle "nuvolette" (o fumetti se preferite) e delle didascalie utilizzando il graphos (una sorta di penna, con i pennini intercambiabili di varie forme e spessori, usata negli anni '60, principalmente dai disegnatori tecnici, prima della diffusione del rapidograph), poi, con lo stesso strumento, traccia i contorni delle nuvolette e delle didascalie nei quali ha scritto i testi stessi.

 

una scatola con il Graphos e vari pennini

 

E' a questo punto che Graton esegue l'inchiostrazione dei disegni. Per questa operazione il maestro usa la china ed i pennelli (Stanley & Newton secondo il catalogo Arcturial, Winsor & Newton n.4  secondo la rivista Super AS). L'inchiostrazione a pennello è una tecnica per la quale ci vuole una particolare perizia ed abilità. Una volta acquisita (e chi meglio del maestro può dire di averla padroneggiata ...) dà al tratto nero un volume ed una morbidezza del tutto particolari.  

 

pennelli e china

 

Il maestro in una delle sue ultime foto al  tavolo da lavoro nel vecchio studio al 3° piano di casa sua, al numero 55 di Avenue du Pérou a Bruxelles. 

 

Quando l'inchiostrazione è conclusa, il tratto a china si trova sovrapposto a quello a matita. E' il momento in cui Jean passa tutta la tavola con la gomma da cancellare.  Così fa sparire le tracce del disegno originale a matita in modo da far rimanere sul foglio soltanto il disegno finale a china.  

La tavola ripassata a china e pulita del tratto a matita

 

DAL COLORE ALLA STAMPA

A questo punto Jean porta le tavole all'editore (all'epoca Lombard) il quale provvede a farle fotografare. 

Da ogni tavola si ricava un film negativo ridotto alle dimensioni della pubblicazione finale. 

Da questo film negativo, per mezzo di maschere, sono ricavati due film positivi : uno con il solo tratto del disegno ed uno con il solo testo (quest'ultimo verrà anche realizzato nelle altre lingue nelle quali l'album sarà tradotto).

 

          

                    il film negativo                                                                         il film positivo senza il testo

 

Il film positivo con il tratto del disegno serve inizialmente a stampare un bleu de coloriage (tradotto testualmente: un "azzurro di colorazione"), ovvero un foglio da disegno piuttosto spesso, delle dimensioni reali della pubblicazione, sul quale il tratto del disegno è stato stampato con un colore azzurro molto leggero. Questa pagina servirà per la colorazione delle vignette della tavola che verrà fatta a  "gouache". Il  "gouache" (o "guazzo" in italiano) è un tipo di colore a tempera reso più pesante ed opaco con l'aggiunta di un pigmento bianco (per esempio biacca o gesso) in una miscela con la gomma arabica. E' Francine, la moglie di Jean, ad occuparsene. I colori riempiono gli spazi e coprono anche il tratto azzurro. E' soltanto sovrapponendo il film positivo con il disegno che Francine può verificare la precisione del suo intervento di colorazione nelle varie vignette.  

 

 

Il "bleu de coloriage" con la colorazione finita

 

Queste tavole con i colori vengono quindi, a loro volta, fotografate in "selezione di colore". Mediante l'impiego di una serie di filtri se ne ricavano i quattro film  che compongono la quadricromia: un film con il blu, uno con il rosso, uno con il giallo ed uno con il nero. (ovvero CMYK : cyan, magenta, yellow, black). 

Prima di diventare una vera e propria corrente stilistica (come avete letto all'inizio), nel fumetto la "ligne claire" (la "linea chiara") è una vera e propria tecnica di stampa. La sua particolarità viene ottenuta sbarazzandosi di uno dei quattro film di colorazione ottenuto dalla selezione dei colori: quello con il nero. Per la stampa vengono così usati solo i film blu, rosso e giallo, oltre, ovviamente, al film con il disegno che è il solo a contenere il colore nero. In questo modo si ottiene una stampa molto viva, con i colori brillanti e con il solo nero del tratto dell'autore. 

 

 

La tavola finale stampata

 

Il risultato finale lo abbiamo davanti agli occhi ogni volta che tiriamo fuori dalla libreria la vecchia, consumata, preziosa copia de "Il pilota senza volto" (o "La grande sfida", o.....) e, sfogliandola, ne rimaniamo affascinati e rapiti come quando eravamo bambini...

Per concludere questo omaggio all'arte ed alla tecnica di lavoro del maestro, ecco una sua testimonianza fatta ai tempi in cui aveva preso la decisione di "appendere la matita al chiodo". Si tratta di una breve frase che riassume il suo spirito e il desiderio di voler quasi "smitizzare" la sua grande carriera. :  «Ho scoperto, di colpo, di aver realizzato una sessantina di album in quaranta anni. Non me ne ero reso conto... Ho amato il mio mestiere ed avevo delle storie da raccontare, allora l'ho fatto.» ... semplice no ? 

 

(fonti: " [dBD]", "Option Auto", "Michel Vaillant-L'intégrale", Catalogo Artcurial "Le meilleur de Michel Vaillant", "Super AS") 

 

 

 

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